A sedici anni avevo appena preso coscienza del fatto che ero rincoglionito, quando una frase cambio totalmente il mio modo di guardare le cose. L'ho letta in un libro di filosofia che oltre alle interpretazioni incomprensibili dei grandi critici conteneva anche la semplice traduzione del testo originale che mi piaceva interpretare da solo. Nella mia, spero esatta, traduzione Kant affermava pressappoco quanto segue: ''...noi conosciamo delle cose solamente l'a priori che noi stessi vi poniamo nell'atto stesso di conoscerle...``. Per chi ha fatto il liceo, e questa frase l'ha sicuramente saltata a priori, essa fa parte della ''Critica della Ragion Pura``. La frase, che per un paio giorni di meditazione mi sembrò oscura, per fortuna poi si mostrò a me in tutta la sua offuscata chiarezza (ovviamente secondo il modo in cui io volevo interpretarla). Mesi dopo mi capitò di leggere un libro su Einstein, per fortuna composto prevalentemente da missive ad amici e non da astruse formule e simboli matematici: ''Come io vedo il mondo``. Poveraccio Einstein! Ha fatto l'errore di chiamare la sua più grande opera ''Relatività generale``; tutti interpretarono la cosa come ''tutto è relativo`` (cosa che invece aveva affermato, ben quattrocento anni prima, Galileo Galilei). Non sono stato in grado di comprendere la Relatività Generale e forse neanche quella ristretta, ma credo che Einstein abbia dimostrato o volesse dimostrare proprio il contrario e cioè che esisteva un sistema di riferimento o più semplicemente un punto di vista dal quale tutte le cose non sarebbero state relative ma semplicemente quello che erano. Ma allora perché ad alcuni di noi piace il rosso, ad altri il verde ed a me il blu? Visto che esiste un punto di vista dal quale le cose sono solamente quello che sono, perché non piace a tutti lo stesso colore e quindi perché non piace a tutti il blu? Arrivai alla conclusione che soffriamo tutti, con diversi gradi di sfumatura, di daltonismo cronico. Sia le frasi di Kant che di Einstein, in questo modo, mi quadravano e fui tanto contento che festeggiai con quattro bicchieri di vino di pachino, prodotto da me, ed un pacco di tarallucci di una nota biscotteria cubana. Pochi mesi dopo capii che era molto meglio inzuppare i Colussi nel latte munto con le mie stesse mani. Dopo il terzo bicchiere di vino, ero giovane, purtroppo la mia mente malata ed annebbiata dai fumi dell'alcolico nettare partorì un'altra assurda domanda: ''non è che, a causa del daltonismo cronico, alla fine desideriamo tutti la stessa cosa?``. Questa cosa, che tutti desideravamo la stessa cosa mi tormentava; mi sembrava una giustificazione alla guerra, alla lotta tutti contro tutti. Tutti desiderano la stessa cosa ma solo uno può prendersela quella cosa. Non pago mi chiesi: cosa sarà mai questa cosa? Se la desiderano tutti allora la desidero pure io e quindi se so cosa desidero so che cosa è. In realtà, non ho mai capito cosa fosse questa cosa che tutti desideriamo; anzi adesso mi sono convinto che non voglio niente.
Forse è questa la ragione della lotta tutti contro tutti: nessuno sa quello che desidera o meglio quello che vuole. Purtroppo ancora oggi, non pago, continuo a farmi tazze di tarallucci e Donna Fugata o, se ne ho, di Colussi e latte appena munto; mi sono chiesto: ''ma perché non si sa quello che si vuole?``. Questa volta però, per fortuna, mi sono risposto in tre minuti.
Un bambino nasce ed inizia a sperimentare l'ambiente, che è quello che è (Kant voleva dire proprio questo secondo me). Ha fame, quindi piange. L'intervento della madre nutre la creatura. La fame si presenta quotidianamente per mesi. La madre, ogni volta che il bambino piange, lo nutre. Non gioca con lui, non lo trastulla in braccio, non lo coccola: lo nutre. Ogni segnale del bambino viene interpretato dalla madre come una necessità di essere sfamato. Il bambino cresce. Quando è triste o fa i capricci la madre lo calma con un cioccolatino anziché prenderlo in braccio o giocarci. Il bambino inizia a chiedere sempre dolci e cioccolatini, delle carezze non sa che farsene. Il bambino interpreta quindi una sua necessità di affetto come desiderio di cibo, del cibo preferito, quindi tende a cercare questo. In pratica si è verificato uno spostamento tra il desiderio, ad esempio di coccole, ed il desiderio di un cioccolatino. Quindi il bambino desidera cibo per soddisfare un bisogno completamente diverso. La mancata soddisfazione del bisogno causata dal desiderio dell'oggetto sbagliato, porta ad una ricerca affannosa di cibo come se ci fosse un buco da riempire, come se ci fosse una lacuna incolmabile.
In sostanza, il desiderio iniziale diventa la base per successivi desideri:
necessità di essere sfamato -----> desiderio di una tavoletta di cioccolato al latte con le nocciole tostate -----> desiderio di denaro per acquistare la tavoletta di cioccolato al latte con le nocciole tostate -----> ricerca di un lavoro per guadagnare il denaro -----> annientamento di qualcun'altro per ottenere il lavoro migliore ecc..
La catena di desideri cresce a dismisura ed alla fine non ci si ricorda più neanche da quale desiderio si è partiti. Quindi si finisce per annientare qualcuno senza neanche riuscire a soddisfare l'ormai dimenticato desiderio di una tavoletta di cioccolato al latte con le nocciole tostate.
Meno male che a parte la tavoletta di cioccolato al latte con le nocciole tostate, preferibilmente Lindt oro, non voglio niente!
Forse è questa la ragione della lotta tutti contro tutti: nessuno sa quello che desidera o meglio quello che vuole. Purtroppo ancora oggi, non pago, continuo a farmi tazze di tarallucci e Donna Fugata o, se ne ho, di Colussi e latte appena munto; mi sono chiesto: ''ma perché non si sa quello che si vuole?``. Questa volta però, per fortuna, mi sono risposto in tre minuti.
Un bambino nasce ed inizia a sperimentare l'ambiente, che è quello che è (Kant voleva dire proprio questo secondo me). Ha fame, quindi piange. L'intervento della madre nutre la creatura. La fame si presenta quotidianamente per mesi. La madre, ogni volta che il bambino piange, lo nutre. Non gioca con lui, non lo trastulla in braccio, non lo coccola: lo nutre. Ogni segnale del bambino viene interpretato dalla madre come una necessità di essere sfamato. Il bambino cresce. Quando è triste o fa i capricci la madre lo calma con un cioccolatino anziché prenderlo in braccio o giocarci. Il bambino inizia a chiedere sempre dolci e cioccolatini, delle carezze non sa che farsene. Il bambino interpreta quindi una sua necessità di affetto come desiderio di cibo, del cibo preferito, quindi tende a cercare questo. In pratica si è verificato uno spostamento tra il desiderio, ad esempio di coccole, ed il desiderio di un cioccolatino. Quindi il bambino desidera cibo per soddisfare un bisogno completamente diverso. La mancata soddisfazione del bisogno causata dal desiderio dell'oggetto sbagliato, porta ad una ricerca affannosa di cibo come se ci fosse un buco da riempire, come se ci fosse una lacuna incolmabile.
In sostanza, il desiderio iniziale diventa la base per successivi desideri:
necessità di essere sfamato -----> desiderio di una tavoletta di cioccolato al latte con le nocciole tostate -----> desiderio di denaro per acquistare la tavoletta di cioccolato al latte con le nocciole tostate -----> ricerca di un lavoro per guadagnare il denaro -----> annientamento di qualcun'altro per ottenere il lavoro migliore ecc..
La catena di desideri cresce a dismisura ed alla fine non ci si ricorda più neanche da quale desiderio si è partiti. Quindi si finisce per annientare qualcuno senza neanche riuscire a soddisfare l'ormai dimenticato desiderio di una tavoletta di cioccolato al latte con le nocciole tostate.
Meno male che a parte la tavoletta di cioccolato al latte con le nocciole tostate, preferibilmente Lindt oro, non voglio niente!
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