E’ risaputo: il Profeta di vino non ne capisce nulla! Il suo carnet alcolico spazia dai succhi al lampone allungati col gin, passa attraverso una variegata lista di birre scadenti, per finire ai cocktail di terza categoria (…quelli che si bevono alle feste di laurea, per capirci!). Coinvolto dai vapori alcolici entra quasi sempre in uno stato di orgasmo orale! I suoi amici lodano, ogni volta che ne hanno l’opportunità, i discorsi tenuti dal Profeta in stato di ebbrezza. “Peccato..”, dicono “..che non riusciamo mai a cogliere il senso di quelle parole sconnesse..”. Ebbene sì, il nostro caro amico, si prodiga a riempire la sua cavità orale con chili e chili di carne acciambellata! Indi per cui i suoi pensieri sono sempre declassati a banali gemiti e a frasi storpie, mentre gli amici lo incitano con slogan tipo:SUCA SUCA.
Lo incitano a battere il record! E una sera, era lì per lì a batterlo! Dopo la abituale lavanda gastrica del sabato sera, il medico di turno disse agli amici: “Ragazzi, un altro pò è si riempiva una lattina di coca cola! Mi dispiace ma ancora il record resta ad Aristide!”. Ci siamo informati: Aristide alla anagrafe Melu Sebbaggiu, e un noto trans locale che disputa gare bizzare, come la succitata “succhia fino al midollo!”. Il senso della gara è arrivare al pronto soccorso carichi carichi di liquido seminale nello stomaco, farselo togliere con iniezioni di acqua e aceto e misurare, in lattine di coca cola, la quantita ingerita.
Ma non divaghiamo! Il Profeta di vino non ne capisce nulla! Un giorno ebbe la fortuna di recarsi in Toscana, il motivo era: incontrare un vecchio collega, disperso da tre anni sull’isola di Cuba, e persuaderlo a non cambiare nazionalità. Vani furono i tentativi, Il kamikaze (il collega), rivide con piacere la faccia di cazzo del Profeta e girando le spalle gli gridò: “…il tuo Kant, la raggion d’essere e Freud, schiaffateli in culo. Non mi servono dove sto andando!”
La primavera Toscana, il verde delle sue ondulate campagne, l’odore dei boschi rapirono il Profeta, il quale decise di fermarsi in quella parte d’italia, il tempo necessario per carpire i segreti del vino a qualche viticultore locale. Abbandonò a piedi il mondo cittadino e s’incamminò verso i boschi, cantando una canzonetta allegra: “…cu tu dissi ca non ti vogghiu, fatti lu pagghiareru ca ti pigghiu…”. Dopo un centinaio di metri scoprì un piccolo sentiero che deviava dalla strada maestra.
All’angolo tra la strada maestra e il sentiero, vi era infisso per terra un cartello con la scritta: “la cascina del fungo”. Da quel punto, il Profeta si mise a mirare verso il luogo indicato dal cartello: distinse tra il verde e i cespugli una macchia nera: “..deve essere la cascina del fungo!” pensò! Imboccò il sentiero e dopo solo mezz’ora di cammino giunse alla cascina. L’accoglienza fu delle migliori, una donna robusta lo accompagnò dentro e lo fece accomodare. Le figlie della donna, due statue di Venere, apparecchiarono la tavola e portarono al pellegrino pietanze a base di fungo, facendo intendere che dopo l’abbuffata, l’ospite si sarebbe recato al piano di sopra per un riposino particolare. Così fù! Il Profeta si mosse verso le scale deambulando, salì i gradini con affanno e raggiunto il piano superiore, si mosse tra gli assi scricchiolanti dell’impiantito come se fosse un elefante ubriaco. C’è da dire che il nostro eroe, non aveva esagerato col vino della cascina, ma provava lo stesso la sensazione di euforico collasso, infatti si collassò sul letto e dormì per giorni. Quando riaprì gli occhi si accorse di essere imprigionato in una soffitta buia e di percepire solo uno spiraglio di luce da una fessura e dalla quale riusciva anche a cogliere alcune frasi tipo: “Ora lo sodomizziamo per bene..”, “..voglio proprio vedere come fa il cavallo di zio ad entrare nel forestiero..”, “..si si facciamolo!”….
Quello che accadde non si seppe mai. Molte voci discordanti sulla vicenda, ma tutte che convenivano sul fatto che quel cavallo sodomizzò il nostro Profeta! Passarono settimane e dopo una lunga degenza, il Profeta ritornò sui suoi passi. La meta era una azienda vinicola sita dietro una collina. Strano ma vero, incontrò ai piedi della collina un contadino con un somarello. Così come a cuba, anche nel bel mezzo della campagna toscana, i contadini sono cordiali: aiutò il Profeta a superare la collina. I tre erano così disposti: Il contadino sul somarello, il Profeta dietro aggrappato alla coda della bestia, che spuntava, diversamente dagli altri suoi simili, direttamente dal centro delle cosce ed era poco pelosa e molto viscida. Solo dopo 20 km, i tre avevano coperto la salita e si stavano preparando a scendere dolcemente verso la valle, solo dopo tutti quei chilometri il Profeta si accorse che si era aggrappato al membro dell’asinello. Calò la notte e i tre bivaccarono attorno ad un fuoco ristoratore, si cibarono di formaggio e bevvero vino. Ma quando si conciarono per dormire, il Profeta notò un sorriso strano dipinto sulla bocca del contadino. Fu un sogno? Il contadino inforcò sotto le gambe il ciuchino e lo aizzò contro lo straniero, infoiato l’animale accrebbe il suo membro e passo da parte a parte lo sventurato, il quale gridò di dolore (o di piacere) contro la faccia pallida della luna.
Sta di fatto che il giorno dopo, il Profeta non trovò più l’asinello e il contadino, quindi procedette da solo il viaggio, aiutandosi con un bastone. Tutta quella fatica fu premiata poche ore dopo, il Profeta aveva davanti a sè la più imponente vigna che occhio avesse mai visto. Tra le viti, un gruppetto di neroAfricani cantava ritmiche canzoni blues, proprio come i loro avi nelle piantaggioni di cotone. Il Profeta che essendo un patito del blues si unì a loro; cantò i ritmi della musica nera e ne fu rapito. Calò di nuovo la notte, il gruppo di neroAfricani portò con se il nuovo amico; l’ospitarono in una capanna, capitanata da un certo zio Tom. Non un vecchietto riservato dai candidi capelli bianchi, ma un ercole nero incazzato e sempre in tiro. Quando vide la pallida faccia del Profeta, gli vennerò in mente pensieri tinti: quella notte scivolò dal suo letto ed entrò in quello del viso pallido. Lo avvinghiò da tergo possedendolo per ore intere. Alcuni giurarno che passando dalla capanna dello zio Tom, videro dalle finestre bagliori intermittenti e udirono grida disumane. I bagliori, erano le scintille che la rete del letto produceva sotto le continue sollecitazioni longitudinali dello zio Tom, che sembrava un toro e come tale gridava. Dopo lo zio Tom, fu il turno degli altri “membri” della capanna e così per giorni e giorni, fino a quando non si sparse la voce di un tizio che riusciva ad accogliere dietro a se anche pali della luce e giunse al proprietario della vigna.
Vomito è un geniale viticultore, i suoi vini sono pregiati e bollati con la sigla DOC. Ospitò lo sfortunato Profeta nella sua maestosa casa, lo mise in una delle camere migliori e diede il compito alla sorella di accudirlo. “Ore e ore di travaglio, la schiena si spezza. Ma dalla fatica e dal sudore, godiam bevendo il nettere d’amore.” La dolce voce di Chiara solleticava le orecchie del Profeta, il quale dopo alcuni giorni di agonia anale, si stava riavendo.
Vomito si attaccò al nuovo amico, lo portava con sè ovunque e pian piano lo iniziava all’arte del vino. Intanto nel cuore di Chiara cresceva il vero sentimento, sottoforma di vitigno robusto. Il Profeta notava il crescente interesse che sucitava in Chiara e una sera decise di ricambiare. I due si trovarono in camera di lei, spenta la luce si avvinghiarono sul letto. Dopo due mesi, il Profeta sposò Chiara e divenne cognato di Vomito, visse felice i primi anni del matrimonio ma il fato gli riservò una sorpresa. Un giorno, arrivò uno straniero in azienda. Vomito gli accorse contro, lo straniero disse di chiamarsi il Losco e un fulmine scuarciò il cielo anche se c’era bel tempo.
Lo incitano a battere il record! E una sera, era lì per lì a batterlo! Dopo la abituale lavanda gastrica del sabato sera, il medico di turno disse agli amici: “Ragazzi, un altro pò è si riempiva una lattina di coca cola! Mi dispiace ma ancora il record resta ad Aristide!”. Ci siamo informati: Aristide alla anagrafe Melu Sebbaggiu, e un noto trans locale che disputa gare bizzare, come la succitata “succhia fino al midollo!”. Il senso della gara è arrivare al pronto soccorso carichi carichi di liquido seminale nello stomaco, farselo togliere con iniezioni di acqua e aceto e misurare, in lattine di coca cola, la quantita ingerita.
Ma non divaghiamo! Il Profeta di vino non ne capisce nulla! Un giorno ebbe la fortuna di recarsi in Toscana, il motivo era: incontrare un vecchio collega, disperso da tre anni sull’isola di Cuba, e persuaderlo a non cambiare nazionalità. Vani furono i tentativi, Il kamikaze (il collega), rivide con piacere la faccia di cazzo del Profeta e girando le spalle gli gridò: “…il tuo Kant, la raggion d’essere e Freud, schiaffateli in culo. Non mi servono dove sto andando!”
La primavera Toscana, il verde delle sue ondulate campagne, l’odore dei boschi rapirono il Profeta, il quale decise di fermarsi in quella parte d’italia, il tempo necessario per carpire i segreti del vino a qualche viticultore locale. Abbandonò a piedi il mondo cittadino e s’incamminò verso i boschi, cantando una canzonetta allegra: “…cu tu dissi ca non ti vogghiu, fatti lu pagghiareru ca ti pigghiu…”. Dopo un centinaio di metri scoprì un piccolo sentiero che deviava dalla strada maestra.
All’angolo tra la strada maestra e il sentiero, vi era infisso per terra un cartello con la scritta: “la cascina del fungo”. Da quel punto, il Profeta si mise a mirare verso il luogo indicato dal cartello: distinse tra il verde e i cespugli una macchia nera: “..deve essere la cascina del fungo!” pensò! Imboccò il sentiero e dopo solo mezz’ora di cammino giunse alla cascina. L’accoglienza fu delle migliori, una donna robusta lo accompagnò dentro e lo fece accomodare. Le figlie della donna, due statue di Venere, apparecchiarono la tavola e portarono al pellegrino pietanze a base di fungo, facendo intendere che dopo l’abbuffata, l’ospite si sarebbe recato al piano di sopra per un riposino particolare. Così fù! Il Profeta si mosse verso le scale deambulando, salì i gradini con affanno e raggiunto il piano superiore, si mosse tra gli assi scricchiolanti dell’impiantito come se fosse un elefante ubriaco. C’è da dire che il nostro eroe, non aveva esagerato col vino della cascina, ma provava lo stesso la sensazione di euforico collasso, infatti si collassò sul letto e dormì per giorni. Quando riaprì gli occhi si accorse di essere imprigionato in una soffitta buia e di percepire solo uno spiraglio di luce da una fessura e dalla quale riusciva anche a cogliere alcune frasi tipo: “Ora lo sodomizziamo per bene..”, “..voglio proprio vedere come fa il cavallo di zio ad entrare nel forestiero..”, “..si si facciamolo!”….
Quello che accadde non si seppe mai. Molte voci discordanti sulla vicenda, ma tutte che convenivano sul fatto che quel cavallo sodomizzò il nostro Profeta! Passarono settimane e dopo una lunga degenza, il Profeta ritornò sui suoi passi. La meta era una azienda vinicola sita dietro una collina. Strano ma vero, incontrò ai piedi della collina un contadino con un somarello. Così come a cuba, anche nel bel mezzo della campagna toscana, i contadini sono cordiali: aiutò il Profeta a superare la collina. I tre erano così disposti: Il contadino sul somarello, il Profeta dietro aggrappato alla coda della bestia, che spuntava, diversamente dagli altri suoi simili, direttamente dal centro delle cosce ed era poco pelosa e molto viscida. Solo dopo 20 km, i tre avevano coperto la salita e si stavano preparando a scendere dolcemente verso la valle, solo dopo tutti quei chilometri il Profeta si accorse che si era aggrappato al membro dell’asinello. Calò la notte e i tre bivaccarono attorno ad un fuoco ristoratore, si cibarono di formaggio e bevvero vino. Ma quando si conciarono per dormire, il Profeta notò un sorriso strano dipinto sulla bocca del contadino. Fu un sogno? Il contadino inforcò sotto le gambe il ciuchino e lo aizzò contro lo straniero, infoiato l’animale accrebbe il suo membro e passo da parte a parte lo sventurato, il quale gridò di dolore (o di piacere) contro la faccia pallida della luna.
Sta di fatto che il giorno dopo, il Profeta non trovò più l’asinello e il contadino, quindi procedette da solo il viaggio, aiutandosi con un bastone. Tutta quella fatica fu premiata poche ore dopo, il Profeta aveva davanti a sè la più imponente vigna che occhio avesse mai visto. Tra le viti, un gruppetto di neroAfricani cantava ritmiche canzoni blues, proprio come i loro avi nelle piantaggioni di cotone. Il Profeta che essendo un patito del blues si unì a loro; cantò i ritmi della musica nera e ne fu rapito. Calò di nuovo la notte, il gruppo di neroAfricani portò con se il nuovo amico; l’ospitarono in una capanna, capitanata da un certo zio Tom. Non un vecchietto riservato dai candidi capelli bianchi, ma un ercole nero incazzato e sempre in tiro. Quando vide la pallida faccia del Profeta, gli vennerò in mente pensieri tinti: quella notte scivolò dal suo letto ed entrò in quello del viso pallido. Lo avvinghiò da tergo possedendolo per ore intere. Alcuni giurarno che passando dalla capanna dello zio Tom, videro dalle finestre bagliori intermittenti e udirono grida disumane. I bagliori, erano le scintille che la rete del letto produceva sotto le continue sollecitazioni longitudinali dello zio Tom, che sembrava un toro e come tale gridava. Dopo lo zio Tom, fu il turno degli altri “membri” della capanna e così per giorni e giorni, fino a quando non si sparse la voce di un tizio che riusciva ad accogliere dietro a se anche pali della luce e giunse al proprietario della vigna.
Vomito è un geniale viticultore, i suoi vini sono pregiati e bollati con la sigla DOC. Ospitò lo sfortunato Profeta nella sua maestosa casa, lo mise in una delle camere migliori e diede il compito alla sorella di accudirlo. “Ore e ore di travaglio, la schiena si spezza. Ma dalla fatica e dal sudore, godiam bevendo il nettere d’amore.” La dolce voce di Chiara solleticava le orecchie del Profeta, il quale dopo alcuni giorni di agonia anale, si stava riavendo.
Vomito si attaccò al nuovo amico, lo portava con sè ovunque e pian piano lo iniziava all’arte del vino. Intanto nel cuore di Chiara cresceva il vero sentimento, sottoforma di vitigno robusto. Il Profeta notava il crescente interesse che sucitava in Chiara e una sera decise di ricambiare. I due si trovarono in camera di lei, spenta la luce si avvinghiarono sul letto. Dopo due mesi, il Profeta sposò Chiara e divenne cognato di Vomito, visse felice i primi anni del matrimonio ma il fato gli riservò una sorpresa. Un giorno, arrivò uno straniero in azienda. Vomito gli accorse contro, lo straniero disse di chiamarsi il Losco e un fulmine scuarciò il cielo anche se c’era bel tempo.
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